Meno chimica e più biologia. Svolta inaspettata per il settore della protezione delle piante. Gli agenti di biocontrollo (Bca, da Biocontrol agents) valgono oggi il 5,6% del mercato mondiale dei mezzi di difesa, con quasi 4 miliardi di dollari di fatturato. Una quota destinata ad ampliarsi ulteriormente, visto il sorprendente tasso di crescita superiore al 16% annuo. Il peso dell’Europa, oggi pari a circa il 25%, sale velocemente anche in relazione degli effetti della forte stretta fitosanitaria in corso (ben rappresentata dalla recente decisione di revoca di un fungicida chiave per la vite come il mancozeb).
I Bca sono una classe eterogenea di mezzi tecnici che comprende:
- microrganismi (batteri, funghi, virus che infettano i patogeni);
- macrorganismi (insetti utili, nematodi entomopatogeni);
- sostanze naturali (estratti vegetali, acidi organici);
- semiochimici (feromoni, allelomoni, vibrazioni).
La viticoltura rappresenta il secondo settore di utilizzo in Europa (primo, per distacco, è il comparto delle colture protette). Oggi i Bca sono usati soprattutto per la lotta contro i fitofagi. In questo settore, infatti, si concentrano più di due terzi dei prodotti disponibili mentre solo un quarto dei prodotti sviluppati sono fungicidi. La lotta contro le malerbe, invece, resta ancora un mercato di nicchia.
Le modalità di azione
- Tossicità, antibiosi
- Repellenza, anti-feeding; anti-procreation;
- Infezione- parassitismo;
- Colonizzazione competizione;
- Induzione di resistenza;
- Altri effetti biostimolanti contro avversità biotiche.
La maggior parte dei Bca presentano multiple modalità di azione
Bca il mercato mondiale
(elaborazione Ibma su dati Dunham Trimmer di inizio 2019)
Strategia per il biocontrollo della cocciniglia
Botrite, un target sensibile
Bca, un caso di successo. Le strategie che fanno ricorso a biofungicidi nel contrasto a botrite della vite (Botrytis cinerea) si stanno dimostrando infatti particolarmente efficaci.
Estratti vegetali o botanicals. Negli ultimi anni sono stati testati numerosi estratti vegetali e altri composti, sempre a base vegetale, come gli oli essenziali. La miscela di eugenolo, timolo e geraniolo (registrata in Europa con il nome Trilogy) ha dimostrato un’elevata attività nei confronti della botrite della vite. Miscelata in una formulazione innovativa, agisce attaccando tutte le componenti esterne del patogeno, disgregando le pareti e le membrane cellulari del fungo, causando la fuoriuscita del contenuto e quindi la sua morte. Una strategia alternativa rispetto alla tradizionale BCD ne prevede l’applicazione preventiva a fine fioritura.
Funghi antagonisti. Pythium olygandrum agisce sia per competizione degli spazi trofici, sia parassitizzando il fungo patogeno, sia infine stimolando i meccanismi endogeni di resistenza della pianta.
Aureobasidium pullulans è un lievito registrato per questo utilizzo il cui meccanismo d’azione è di tipo competitivo e trofico. Un altro prodotto autorizzato per il controllo della malattia è a base di cerevisane, una frazione inerte derivante dal lievito Saccharomyces cerevisiae (ceppo LAS117 non ogm), e riconosciuto dall’Ue come sostanza a basso rischio. Ha un effetto elicitore favorendo l’attivazione dei geni deputati alla difesa, la produzione di sostanze direttamente coinvolte nella difesa endogena (fitoalessine, proteine di resistenza), la produzione e l’accumulo di lignina, l’accelerazione dei processi cellulari destinati a produrre perossidi con azione antimicrobica.
Fra i batteri agenti di biocontrollo sono in commercio formulati a base di Bacillus subtilis ceppo QST 713 e Bacillus amyloliquefaciens ceppo D747. L’azione è competitiva per le fonti nutritive e lo spazio. Secernono infatti sostanze che inibiscono lo sviluppo di potenziali competitori.
Sostanze attive in sviluppo. Contro Botrytis cinerea le sperimentazioni sono particolarmente intense nel settore degli estratti vegetali. Lo rivela un articolo di Riccardo Bugiani e Massimo Bariselli pubblicato su Terra e Vita 18/2020. Un recente studio eseguito in vitro, ad esempio, ha rivelato l’attività di estratti vegetali ottenuti da alcune piante caratteristiche della flora cilena (Ephedra breana e Nolana sedifolia). L’attività antifungina è attribuita alla presenza di acido p-idrossibenzoico e acido caffeico in E. breana e acido p-cumarico e acido ferulico in N. sedifolia. In uno studio simile sono state testati 13 estratti di piante che hanno mostrato alti livelli di attività antifungina contro B. cinerea. Tra le piante testate predominavano specie di Allium e Capsicum. Olii essenziali estratti da Eupatorium cannabinum, Z. officinale e Ocimum canum hanno tutti mostrato attività fungitossica nei confronti B. cinerea. Anche gli olii estratti da chiodi di garofano, cannella e citronella hanno dimostrato un forte effetto inibitorio. Prodotti commerciali autorizzati in altri Paesi per il controllo di Botrytis cinerea includono estratti dalla poligonacea Reynoutria sachalinensis e dall’albero del tè (tea tree, Melaleuca alternifolia).
Altri studi riguardano i microrganismi. Per esempio, Metschnikowia pulcherrima, un lievito non Saccharomyces presente nei mosti soprattutto nelle prime fasi delle fermentazioni spontanee, ha rivelato un buon comportamento antagonistico in grado di controllare potenzialmente lo sviluppo di altre specie microbiche.
Difficoltà a trovare alternative al rame
Rame sempre più contingentato. La sua ultima registrazione (Reg.1981/2018 lo ha limitato nei tempi e nei dosaggi imponendo la soglia mobile di max 28 kg/ha in 7 anni. Urge trovare una soluzione alternativa. Un’urgenza accelerata dalla recente decisione di revoca del mancozeb. I viticoltori rischiano di rimanere senza prodotti di copertura contro Peronospora.
L’alternativa dei Bca non fornisce per ora le stesse garanzie. Ilaria Pertot della Fondazione E.Mach in un recente articolo pubblicato su VVQ 2/2019 ha analizzato le prospettive di utilizzare induttori di resistenza e principi attivi di biocontrollo con azione tossica diretta contro il patogeno.
Per il primo gruppo estratti da vegetali o alghe come ad esempio Reynoutria sachalinensis, Ascophyllum nodosum o Laminaria digitata o da crostacei (chitina e chitosano); microrganismi non patogeni o loro metaboliti e derivati, come ad esempio estratti di Saccharomyces cerevisiae; proteine o peptidi e alcuni altri composti.
Nonostante una fase iniziale di grande entusiasmo, questi prodotti secondo la ricercatrice si sono rivelati molto “deboli”. Il motivo principale è da ricercarsi nel fatto che la pianta non ha un sistema immunitario vero e proprio, per cui i meccanismi di contrasto ai patogeni non sono completi e la protezione non arriva quasi mai a superare il 40-60% di efficacia, che in caso di malattie policicliche come la peronospora, porta solo ad un ritardo dell’epidemia.
Per il secondo gruppo sono state inseriti estratti vegetali o animali e microrganismi (ad esempio ceppi appartenenti ai generi Bacillus, Pseudomonas, Trichoderma, Lysobacter, ecc.) e/o loro metaboliti. L’efficacia è apparsa limitata spesso a causa dalla loro inattivazione/degradabilità dovuta a fattori ambientali quali bassa umidità, temperatura, pH, radiazioni UV, ecc. e delle loro intrinseche caratteristiche fisico-chimiche, come la resistenza al dilavamento o l’adesività alle superfici della pianta. Aspetti che ne limitano l’efficacia contro patogeni che iniziano il processo infettivo in presenza di pioggia.
In questo panorama poco confortante relativamente alle alternative al rame, notizie positive potrebbero arrivare dallo sviluppo di programmi di ricerca su sostanze naturali “disegnate a tavolino” come la recente esperienza con nanoproteine che sembrano efficaci nel prevenire l’infezione di Plasmopara viticola. (clicca e leggi Nanoproteine contro la peronospora, una strada inedita per la difesa sostenibile).