Cambia il clima, deve cambiare la tecnica agronomica

Di Alberto Palliotti - Università di Perugia

I viticoltori oggi non possono fare a meno di preoccuparsi della sostenibilità ambientale e della neutralità climatica, abbassando l’impronta idrica e carbonica della propria attività per cercare di contenere e mitigare il climate change. I sempre più frequenti decorsi meteo avversi, che vanno dalle gelate primaverili, alle grandinate estive, alle bombe d’acqua ed agli stress idrici, termici e radiativi, sono direttamente responsabili di notevoli danni (v. riquadro):
La ricerca sta fornendo mezzi e tecniche in grado di mitigare e/o annullare questi effetti negativi classificabili in tre gruppi:

I danni del climate change

  • Produzioni scarse
  • Qualità insufficiente
  • Disidratazione spinta a carico degli acini
  • Danni da scottature solari (Sunburn)
  • Seri rischi per la sopravvivenza delle piante
  • Bilanci aziendali in profondo rosso
  • Genetica: nuovi portinnesti resistenti (serie M, Georgikon 28, ecc.), nuovi vitigni resistenti e/o tolleranti alle malattie fungine (serie “VCR-Università di Udine” e serie “Fondazione Mach-Consorzio CIVIT” per peronospora ed oidio, serie IASMA-ECO per botrite).
  • Idonee tecniche colturali: alcune dotate di elevata flessibilità ed applicabili alla chioma (caolino, zeolite ed altri composti ad effetto sunscreen, antitraspiranti naturali a base terpenica, reti e teli schermanti, riconsiderazione degli interventi di cimatura dei germogli, di defogliazione nonchè dell’epoca di potatura invernale, ecc.), altre rivolte al suolo al fine di aumentare la capacità di ritenzione idrica nonchè l’approfondimento dell’apparato radicale (sovesci e inerbimenti mirati, sostanza organica da matrici varie, biochar, ripuntatori/scarificatori meccanici, ecc.).
  • Uso di biostimolanti: ultima frontiera aperta ed in forte evoluzione (anche a livello normativo) utile per potenziare sia gli apparati radicali (micorrize arbuscolari, rizobatteri, estratti umici, ecc.) sia le chiome (estratti di alghe brune oceaniche, lievi inattivati, idrolizzati proteici, consorzi microbiologici ad azione multitasking, estratti di piante, ecc.).

L’obiettivo primario è quello di salvaguardare la funzionalità della pianta (chioma e radici) durante i periodi critici nonché la sostenibilità ambientale e la tutela del territorio mediante tecniche prontamente spendibili, non inquinanti e a costi contenuti.

Grappolo di Sangiovese con eccessiva disidratazione e scottature solari

Vigneto fortemente stressato da forte carenza idrica ed elevati regimi termici e radiativi

  • Irrigazione di precisione (dove si può)

    Di fondamentale aiuto sono le previsioni meteo assistite da satelliti, decisamente precise oggi almeno nel breve e medio termine. Nelle aree viticole con sufficienti dotazioni idriche si può far ricorso a recenti innovazioni nel settore dell’irrigazione:

    – tecnica del deficit irrigation,
    – sub-irrigazione con gocciolatori di ultima generazione anti-occlusioni,
    – recupero delle acque reflue di cantina,
    – impiego di bacini collinari per l’invaso delle acque piovane autunnali e invernali.

    Purtroppo però la maggior parte della viticoltura italiana viene esercitata in asciutto.

  • Preservare la funzionalità fogliare

    Soprattutto dove l’irrigazione non è possibile, occorre predisporre tecniche di tutela della funzionalità fogliare durante le giornate nefaste, prontamente applicabili e a costi contenuti, in modo da poter poi recuperare il normale decorso fisiologico dopo il passaggio degli eventi calamitosi. Con temperature dell’aria superiori a 35-36 °C occorre infatti contrastare i fenomeni di fotoinibizione cronica con compromissione dell’attività sia vegetativa che produttiva. In tali situazioni, per innalzare il livello di resilienza del vigneto si può ricorrere a pratiche agronomiche rivolte al suolo che alla chioma (vedi anche prossimo articolo). Quella più consona va individuata in funzione:

    – della tipologia ed intensità dello stress incipiente,
    – dei costi da sostenere,
    – del grado di flessibilità (alcune pratiche sono efficaci ma richiedono tempi medio o lungo, altre invece sono a pronto effetto).

  • Monitoraggio digitale

    I sensori di ultima generazione, collegati a Dss e software gestionali, sono in grado di rilevare con elevata precisione le risposte fisiologiche della vite consentendo di riconoscere in anticipo eventuali situazioni di stress e di intervenire tempestivamente. Questi sensori consentono di elevare la sostenibilità del vigneto riducendo gli input energetici e chimici con indubbi vantaggi anche a livello economico attraverso la valorizzazione del miglioramento ottenuto, magari certificato, della sostenibilità della produzione.

  • I meccanismi di resilienza della vite

    La vite, come le altre specie vegetali, possiede meccanismi congeniti di resistenza regolati da geni specifici responsabili di diversi meccanismi metabolici di soccorso, tra cui:

    – produzione ed accumulo di fitoalessine (resveratrolo, viniferine, piceidi, ecc.),
    – di osmoliti (prolina, zuccheri, cationi, ecc.),
    – di specie reattive all’ossigeno (H2O2, OH, ecc.),
    – di proteine di patogenesi (soprattutto legate all’acido salicilico e jasmonati),
    – formazione di composti che si accumulano sulle pareti cellulari aumentandone la resistenza meccanica (callosio, lignina, ecc.).

    Tecniche come la deficit irrigation o la gestione oculata della fertilizzazione sono in grado di stimolare (o non inibire) queste reazioni della vite. Le condizioni climatiche indotte dal global warning invece riducono il grado di resilienza della coltura.

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Cambia il clima, deve cambiare la tecnica agronomica - Ultima modifica: 2020-10-20T11:37:14+02:00 da wtinelli
Cambia il clima, deve cambiare la tecnica agronomica
- Ultima modifica: 2020-10-20T11:37:14+02:00
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