Un nuova categoria di mezzi tecnici per una viticoltura che sappia coniugare sostenibilità, qualità e resa
Di Carlo Andreotti, Libera Università di Bolzano
Il settore vitivinicolo è alla costante ricerca di nuove tecnologie da introdurre nella gestione del vigneto per migliorarne la sostenibilità, mantenendo livelli qualitativi di eccellenza. I biostimolanti rappresentano un’innovazione tecnologica importante in grado di collegare assieme comparti produttivi diversi in un’ottica di economia circolare.
Effetti da studiare
La normativa europea classifica i biostimolanti in microbici e non microbici (vedi tabella). Allo stato attuale numerosi prodotti biostimolanti sono disponibili sul mercato per i produttori agricoli, nonostante parecchi aspetti relativi al meccanismo d’azione ed al miglior modo di applicazione risultino ancora largamente incompresi. In modo particolare, le conoscenze sull’efficacia e sull’uso appropriato di questi strumenti sulle colture arboree (viticoltura inclusa) appare ancora ampiamente deficitaria.
Tolleranza agli stress
In estrema sintesi, la letteratura scientifica disponibile su vite consente di evidenziare come l’applicazione di biostimolanti di natura microbica (micorrize) abbia incrementato la tolleranza a stress idrici e salini attraverso modifiche morfo-anatomiche e di funzionalità a carico dell’apparato radicale, nonché attraverso cambiamenti biochimici importanti riferibili a componenti osmo-protettori (prolina, glicinbetaina, zuccheri, etc).
Efficienza dei nutrienti
Per quanto riguarda l’ambito dell’efficienza d’uso dei nutrienti, applicazioni fogliari con estratti di alghe marine hanno consentito di aumentare la disponibilità di magnesio, permettendo una riduzione dell’incidenza della fisiopatia del disseccamento del rachide.
Biostimolanti microbici e non
Cosa sono
Una recente normativa a livello europeo (Reg.Ue 2019/1009) definisce i biostimolanti come prodotti fertilizzanti in grado di stimolare il processo di nutrizione della pianta indipendentemente dal loro contenuto in nutrienti, con lo scopo di migliorare una o più delle seguenti caratteristiche:
- efficienza d’uso dei nutrienti,
- tolleranza a stress abiotici,
- qualità dei prodotti, disponibilità di nutrienti nel suolo e nella rizosfera.
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Biostimolanti in viticoltura, su cosa indaga la ricerca
Impatto sulla qualità
Infine, la qualità finale delle bacche (in particolare quella riferibile alla componente fenolica e antocianica) è risultata positivamente influenzata da trattamenti con biostimolanti fogliari (estratti d’alga), con possibile favorevoli conseguenze sull’intensità e stabilità della colorazione dei vini (v. figura schema).
Alcuni prodotti biostimolanti hanno dimostrato interessanti potenzialità per la gestione sostenibile di specifiche problematiche colturali in vigneto (stress idrici, carenze nutrizionali, colorazione sub-ottimale delle bacche). Decisivo sarà il ruolo della ricerca per assicurare un uso efficiente e pratico di questi prodotti.
Quattro aspetti da approfondire
Per un uso efficiente e pratico di questi prodotti in vigneto, la ricerca futura dovrà contribuire a chiarire alcuni aspetti importanti tra i quali:
- conoscere più approfonditamente il meccanismo di azione dei biostimolanti, nonché definirne le molecole effettivamente attive;
- focalizzarsi sulle modalità di applicazione (dosaggi, tempi di applicazione in funzione della fenologia o degli eventi di stress, uso di coadiuvanti, etc),
- verificare l’impatto delle condizioni climatiche stagionali sulla funzionalità ed efficacia dei trattamenti;
- provvedere al calcolo del rapporto costi/benefici per il viticultore allo scopo di giungere ad una consapevole introduzione di questi nuovi presidi tecnologici nella gestione del vigneto.